GENTE DI LAGUNA
C’era una volta una magica città nata sulle acque, all’interno di un’ampia laguna, nella quale gli uomini vivevano in armonia con se stessi e col mondo equoreo che li circondava e li proteggeva. Essi avevano capìto che la Natura aveva un proprio ritmo di stagioni, e di giorni, e di ore, e vi si erano adattati, rispettando l’ordine delle cose perché solo un incerto equilibrio permetteva alla magica città di sopravvivere.
C’era un luogo nella laguna dove in particolare questa convivenza tra gli uomini e i non uomini si poteva quasi toccare con mano, e si chiamava chissà perché Bacàn: un lembo di terra quasi in faccia al mare, ora emerso e lambìto dalle onde, ora sommerso dalle acque, dove d’inverno, tra matasse di alghe sinuose, trovavano cibo dei bellissimi uccelli dalle lunghe zampe e dai becchi ricurvi. Con la bella stagione, invece, quel luogo si popolava dei cittadini della magica città, che come gli uccelli invernali, crogiolandosi al sole, cercavano per svago quegli stessi crostacei e quegli stessi molluschi di cui si nutrivano i limicoli.
C’era anche una fotografa, che si chiamava Anna Zemella, la quale si sentiva consonante con la pace di quei tempi e di quei luoghi, e che cercava di fissare per sempre, col suo lavoro, quelle effimere presenze di uomini, di animali, di onde e di alghe, quasi a sottolineare che in Natura non c’è una scala di valori, e che l’uomo che pesca, il bimbo che gioca, il cane che corre, l’onda che frange, l’impronta sulla sabbia hanno la medesima dignità perché raccontano una stessa storia che, a ben leggerla, avrebbe anche una sua morale.
Questa pace, però, finì per suscitare l’invidia degli dei, che decisero di porvi fine. Quos deus perdere vult dementat, dicevano gli antichi, e in effetti gli dei invidiosi ebbero gioco facile a seminare la discordia tra gli uomini, ai quali instillarono la pazza illusione di poter speculare sulla bellezza della magica città, non più amandola, ma venerandola come il vitello d’oro.
Passarono gli anni, molti guadagnarono sulle spalle della magica città che pian piano però si perse e ora infatti non esiste più se non nella memoria di pochi: nel Bacàn lambìto dalle onde vivono sempre gli uccelli, i crostacei, i molluschi, le matasse delle alghe, ma gli uomini non ci sono. Ci sono i loro fantasmi, le loro ombre, l’aura di un tempo che fu, e solo Anna, ancora, come un’archeologa del presente, riesce a cogliere e a fissare per noi, col suo sguardo pieno di nostalgia, le evanescenti immagini di quel mondo dell’anima oggi scomparso. Delle pallide reliquie ci mostrano com’era bella la magica città.
(Silvio Testa)
Mostra presso la Warwick University in Venice, Palazzo Pesaro Papafava, Cannaregio 3764, ore 10 - 18, previa telefonata t 0415203806 - fino al 31 luglio 2019